"Canto la vita che, quando è il suo tempo, sa morire e muore...l'amore non lo canto, è un canto di per sè, più lo si invoca meno ce n'è."
mercoledì 11 marzo 2009
lunedì 9 marzo 2009
pOlArOiD - post REM
Ho bisogno di parlare.
Ho bisogno di parlare.
C’era un topolino che correva sulle pozzanghere, questa mattina.
Ti spiego: era uno scherzo della luce. Un bello scherzo.
Stavo alla finestra, massaggiandomi i polsi a causa di molteplici cause: i giochi di luce correvano sul vetro e creavano bagliori ed immagini.
Così ho giocato con i colori, strizzando gli occhi ed immaginandomi una storia.
Mo’ te la racconto. Vuoi?
C’era un topino che correva sulle pozzanghere, veloce o -come diresti tu- lesto lesto.
Ricordi?
“E’ tardi!” dicevi, strattonandomi il paltò e infilando bottoni in asole consumate.
“La maestra si trasformerà in lupo se non ci sbrighiamo!” continuavi bonaria.
“Lesto, lesto!” concludevi.
E mi muovevo davvero svelto, mentre scuotevi il bavero di quel cappotto come a volerlo riempire opportunamente di me.
Che senso di protezione: quei gesti bruschi e sicuri.
Comunque, ‘sto cosetto procedeva sull’acqua, come pattinando.
Mo’ te lo descrivo. Vuoi?
C’aveva un gilet di lana cotta, azzurrino, dentro la cui scollatura stava pigiato un foulard maschile di stoffa pregiata, bordeaux.
Sistemato con le zampe anteriori dietro la schienetta, tenuta ritta come un signorotto, schettinava che neanche la Costner: zin-zin, un piede poi l’altro.
E sorrideva pure: zin-zin.
Ad un certo punto ha mosso il muso, scosso simpaticamente i baffi, arricciato i naso e guardato in alto.
Porca troia, non ci crederai: hanno iniziato a cadere dal cielo fiocchi di formaggio, riccioli di mais e palline di melagrana.
Bello, dirai. E dillo, allora, dillo.
Dillo finché sei in tempo perché, ad un tratto, una Smart -sì,sì … la macchina da cretini, quella- ha svoltato da un lato, diretta sul ratto ed il bagliore è stato immenso: in quell’ombra di buia mattinata uggiosa mille schizzi di sangue a coprire il panorama, come un led luminoso che abbagli lo scorcio di città.
E tutto è sparito, anche tutto quel rosso, lasciando spazio al verde del semaforo di destra e il giallo intermittente di quello di sinistra.
Ho sentito uno “Squit” enorme.
Forse era il suono di una frenata.
Ho bisogno di parlare.
C’era un topolino che correva sulle pozzanghere, questa mattina.
Ti spiego: era uno scherzo della luce. Un bello scherzo.
Stavo alla finestra, massaggiandomi i polsi a causa di molteplici cause: i giochi di luce correvano sul vetro e creavano bagliori ed immagini.
Così ho giocato con i colori, strizzando gli occhi ed immaginandomi una storia.
Mo’ te la racconto. Vuoi?
C’era un topino che correva sulle pozzanghere, veloce o -come diresti tu- lesto lesto.
Ricordi?
“E’ tardi!” dicevi, strattonandomi il paltò e infilando bottoni in asole consumate.
“La maestra si trasformerà in lupo se non ci sbrighiamo!” continuavi bonaria.
“Lesto, lesto!” concludevi.
E mi muovevo davvero svelto, mentre scuotevi il bavero di quel cappotto come a volerlo riempire opportunamente di me.
Che senso di protezione: quei gesti bruschi e sicuri.
Comunque, ‘sto cosetto procedeva sull’acqua, come pattinando.
Mo’ te lo descrivo. Vuoi?
C’aveva un gilet di lana cotta, azzurrino, dentro la cui scollatura stava pigiato un foulard maschile di stoffa pregiata, bordeaux.
Sistemato con le zampe anteriori dietro la schienetta, tenuta ritta come un signorotto, schettinava che neanche la Costner: zin-zin, un piede poi l’altro.
E sorrideva pure: zin-zin.
Ad un certo punto ha mosso il muso, scosso simpaticamente i baffi, arricciato i naso e guardato in alto.
Porca troia, non ci crederai: hanno iniziato a cadere dal cielo fiocchi di formaggio, riccioli di mais e palline di melagrana.
Bello, dirai. E dillo, allora, dillo.
Dillo finché sei in tempo perché, ad un tratto, una Smart -sì,sì … la macchina da cretini, quella- ha svoltato da un lato, diretta sul ratto ed il bagliore è stato immenso: in quell’ombra di buia mattinata uggiosa mille schizzi di sangue a coprire il panorama, come un led luminoso che abbagli lo scorcio di città.
E tutto è sparito, anche tutto quel rosso, lasciando spazio al verde del semaforo di destra e il giallo intermittente di quello di sinistra.
Ho sentito uno “Squit” enorme.
Forse era il suono di una frenata.
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